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La crisi afgana

Con la firma dell'accordo di Doha fu programmato il progressivo ritiro delle forze dell'operazione Sostegno Risoluto, che una volta iniziato provocò una nuova offensiva delle milizie talebane. In poche settimane i talebani hanno conquistato la maggior parte del territorio afghano, entrando a Kabul il 15 agosto 2021 e costringendo alla fuga il presidente Ashraf Ghani. Allo stesso tempo rifondano il nuovo secondo Emirato Islamico.

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Il trattato di Doha

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L'accordo di Doha del 2020 è un trattato di pace tra la fazione afghana dei Talebani e gli Stati Uniti d'America concluso, durante la presidenza di Donald Trump, il 29 febbraio 2020 nella capitale qatariota.

L'accordo prevedeva di porre fine al conflitto armato in Afghanistan del 2001, disponendo il totale ritiro delle forze armate statunitensi dal Paese entro il 31 agosto del 2021. Ma poco prima che arrivasse tale data, il 15 agosto 2021, la fazione talebana entrò a Kabul, occupandola.

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La presa di potere

Dopo essersi insediati nel palazzo presidenziale, i talebani hanno affermato: "Nei prossimi giorni vogliamo una transizione pacifica dei poteri" ha detto una fonte ufficiale afghana ad Ap. "Assicuriamo le persone, in particolare nella città di Kabul, che le loro proprietà, le loro vite sono al sicuro, non ci sarà vendetta su nessuno", ha detto alla Bbc un altro portavoce, Suhail Shaheen. "Siamo i servitori del popolo e di questo Paese", ha aggiunto. Un portavoce e negoziatore talebano ha affermato all'Associated Press che il gruppo militante ha tenuto dei colloqui volti a formare un "governo islamico aperto e inclusivo" in Afghanistan. Nessuna donna nella compagine dei ministri. A carica di primo ministro andrà al mullah Mohammad Hassan Akhund, già capo del Consiglio direttivo dei talebani, la Rahbari Shura. Il suo vice sarà Abdul Ghani Baradar, tra i fondatori del movimento e negoziatore degli accordi del febbraio 2020 con gli Stati Uniti.

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nuovo Emirato Islamico o ritorno al passato?

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Il primo Emirato dei talebani del 1996 fu caratterizzato da una feroce violenza rivolta verso minoranze etniche e religiose, che furono ripetutamente oppresse. I talebani, infatti, applicarono una rigida interpretazione della Shari’a. L’organizzazione dell’Emirato impose quindi una serie di leggi che penalizzò e criminalizzò le numerose minoranze etniche e religiose del Paese.
Il movimento vietò, oltre ad alcol e carne di maiale, l’ascolto di musica non religiosa e l’uso della televisione. Le arti furono bandite, così come gli sport considerati non tradizionali, mentre alle donne fu impedito di lavorare, studiare, guidare e uscire di casa senza burqa e accompagnatore maschio (un parente). 
Particolarmente violenta fu l’oppressione delle minoranze etniche, molto spesso definita “genocidio”. 
Infine, i talebani proibirono ogni forma di idolatria, in linea con le interpretazioni più ortodosse del Corano. Emblematica è la distruzione dei Budda di Bamiyan e di decine di templi buddisti e shintoisti. Hemad, uno dei ministri dei talebani ha ribadito la nuova linea politica: quella del rispetto dei diritti umani nei limiti della legge islamica. In particolare, i fondamentalisti promettono il rispetto delle minoranze e dei diritti delle donne, così come l’amnistia nei confronti degli afghani che hanno collaborato con gli occidentali o il governo

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La diffidenza degli afghani

Fin dalla caduta di Kabul, diverse migliaia di afghani hanno sfidato i talebani sventolando nei luoghi pubblici la bandiera della Repubblica Islamica e, addirittura, sostituendola a quelle dell’Emirato Islamico issate dai talebani. L’ammainamento della bandiera dell’Emirato ha portato all’intervento dei miliziani che hanno aperto il fuoco sulla folla causando tre morti e una decina di feriti. In altri contesti, le folle sono state disperse esplodendo colpi in aria.
Molto attive risultano anche le associazioni delle donne afghane, internazionali e locali. Pangea Onlus, fondazione italiana che gestisce una decina di progetti tra Italia, India e Afghanistan, ha dichiarato che le proprie attiviste e beneficiarie sono da giorni nascoste nella speranza di sfuggire alla ricerca casa per casa dei talebani. Di fatto, nonostante l’apertura di scuole e università, con classi rigorosamente separate in base al sesso degli alunni, diverse donne e ragazze sono state allontanate dai luoghi di studio. Situazione simile anche per quanto riguarda i posti di lavoro, soprattutto per le posizioni istituzionali ricoperte in ministeri, scuole e università. Diversi video diventati virali, invece, mostrano miliziani intenti a picchiare con bastoni e fruste le donne scese in strada per protestare contro il nuovo regime.
Nonostante le promesse, ritorsioni contro manifestanti ed ex collaboratori del governo e degli stranieri si sono verificate in diverse città. A Firozkoh, ad esempio, Banu Negar, una poliziotta che lavorava nel locale carcere, dove erano detenuti diversi talebani, è stata picchiata e uccisa da un gruppo di militanti, sintomo che le promesse fatte sono solo di facciata. 

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come l'italia e la francia  hanno gestito questa crisi?

© 2022 Riccardo Viani

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